Questo volume riprende i contenuti di quello che lo ha preceduto. Là, le questioni poste riguardavano la realtà sfuggente del credere. Qui, le questioni affrontano la pratica quotidiana del credere. Al riguardo, non va mai dimenticato il fatto che il cristianesimo ha modellato molto in profondità la vita sulla terra. Qui non si propone una storia della Chiesa e neppure si prospetta una storia delle dottrine della Chiesa. Vengono semplicemente richiamati aspetti della vita della Chiesa e, più a fondo, i convincimenti che li hanno prodotti. Grazie a loro, la fede accantona il freddo gioco delle parole e diventa il tesoro nascosto di cui parla il Vangelo. Perciò, lo scritto si sforza di affiancare all’osservazione delle verità oggettive la valutazione delle certezze soggettive. Misura le dottrine col metro della loro capacità di ispirare e, praticamente, di guidare il fluire della vita quotidiana. Certo, il continuo partire dal riferimento alla dottrina fa si che la forma della teologia adottata dal testo sia prevalentemente dogmatica piuttosto che morale. Ecco il punto: nel suo centro, la fede cristiana è un modo di vivere la vita. In altri termini, la vita che nasce dalla fede diventa la forma ultima delle sue verità. Così, nel credente si realizza un preciso circolo esistenziale: la fede fa nascere la vita e, a sua volta, la vita fa nascere la fede. Perché la fede non ha una esistenza autonoma. Essa non è un semplice oggetto. È un rapporto. È l’incontro tra Dio e l’uomo. Cioè, è una vita che incontra un’altra vita. Tratto dalla Premessa dell'Autore