Renata ha una sola certezza: vuole essere “una libera”. Si licenzia dal suo posto di governante e il racconto ha inizio. Questo romanzo è un inno anarchico alla libertà ricco d’ironia e di derisione, è un’unica lunghissima frase senza un punto, senza il tempo per riprendere fiato. Una donna sceglie un anonimato ribelle e parte per un on the road sulle strade di Parigi. La seguiamo per tre lunghi giorni mentre, dopo aver preferito una panchina al letto di una pensione, rifiuta di pagare il biglietto dell’autobus, mangia pomodoro e formaggio e fa molti incontri. Qualcuno le domanda come si chiama. S’inventa un nome: Renata. Renata come? insistono. Renata vattelappesca, risponde nella sua luminosa, lucida follia. Nel viaggio verso la libertà porta con sé una rosa rossa, via via sempre più secca, e quattro scatole di cartone con dentro tutta la vita: il suo tesoro, cioè le lettere di un tale Paul, pochi indumenti e un mucchio di calzini spaiati. Il curioso parallelismo tra la segretezza di Renata e quella di Catherine Guérard, che non è il vero nome della scrittrice. “Ero proprio contenta che più nessuno potesse sapere come mi chiamavo” pensa Renata e decide di non portarsi dietro la carta d’identità.
Dopo la pubblicazione di Renata vattelappesca anche Catherine Guérard scompare dalla scena letteraria e di lei non si saprà mai più nulla.
Dopo la pubblicazione di Renata vattelappesca anche Catherine Guérard scompare dalla scena letteraria e di lei non si saprà mai più nulla.