Non c’è artista, autore, poeta che non si sia confrontato con quanto di più ancestrale esista a livello inconscio per ognuno di noi: il ricordo, spesso confuso e/o identificato con la memoria anche se, in realtà, i due termini hanno un significato diverso. Nella vita, così come nell’arte, alla memoria appartiene la necessità di tramandare il passato, di testimoniarlo anche attraverso una forma pubblica; al ricordo fa capo, invece, la volontà, quasi sempre inconscia, di migliorare la condizione della vita. La poesia ci aiuta a capire, a riassemblare le tessere scompaginate di un mosaico. Carla Carloni Mocavero afferra i ricordi e ne fa versi mirabili di immagini istantanee, intimisti ed eleganti. Parla al cuore del Lettore la poetessa, senza far mostra di artifici retorici ma con un linguaggio diretto in cui aleggia un soffio di melanconia. Primeggia un’attenzione sommessa e pudica per il tempo e le grandi illusioni della gioventù; la volontà di segnare alcuni percorsi fondamentali della sua vita, dai ricordi d’infanzia alla simbologia del viaggio, che per lei, umbra trasferita a Trieste, illustra le tappe personali dell’esistenza ma anche, simbolicamente, le tappe di una crescita intellettuale ed emotiva. La poetessa approccia un bilancio della sua vita, e lo fa aprendo la porta di una metaforica stanza, dove, simili a oggetti, giacciono le cose fatte e non fatte. Tra questi oggetti del passato ella cerca una cosa che non ha una forma precisa, un ingrediente capace di trasformare tutti quei simulacri del suo passato, vivificandoli.