Si propone qui per la prima volta in Italia un’ampia antologia dell’opera di Petrarca che ha avuto grandissima fortuna europea, almeno sino a metà ’600, il De remediis utriusque fortune, nella convinzione che essa con servi il suo fascino e illustri bene modi e contenuti di quella translatio del sapere antico entro la cultura dell’Occidente nella quale Petrarca impegnò, si può dire, tutta la sua vita. Sin te ticamente, potremmo azzardare che la formula del De remediis stia nel combinare l’etica pagana con la psicologia cristiana, correndo lungo il crinale che divide/unisce la saggezza e la fede. Quell’etica, infatti, per Pe trarca non è messa fuori gioco dalla rivelazione cristiana. Tutt’altro: la rivelazione, semmai, ne conferma definitivamente la verità, e le restituisce vita e forza rilanciandone i contenuti. Se Petrarca vive la fede cristiana quale speranza della vita eterna e, soprattutto, quale garanzia della resurrezione del corpo, non le attribuisce, per contro, alcun reale monopolio circa il sentimento morale, che è invece condiviso, nel profondo e in maniera identica, da tutti gli uomini «secundum naturale ingenium atque insitam rationem». Addirittura, in lui la rivelazione finisce di dimostrare che i classici non possono essere superati, perché ci dà la prova che soprattutto in essi la sapienza umana ha elaborato un patrimonio morale talmente perfetto e a suo modo definitivo che può ormai completarsi e sublimarsi solo nel divino. E testimoni particolarmente attendibili di ciò sono dunque quei grandi pagani che da sé, senza che intervenisse la Grazia ad illuminarli, a quella sapienza hanno saputo tuttavia dare voce, perché apparteneva a loro non meno che a chiunque altro, di qualsiasi religione o razza o luogo. Il De remediis non è, così, né un manuale di tipo stoico nel quale la saggezza è una forma – la più alta – della disperazione, né un manuale edificante di morale religiosa che costringa tutto nell’imbuto della contrizione e della preghiera. È invece una curiosa e difficile mescolanza dei due, ove la fede dimostra la sua speciale forza ermeneutica nei comportamenti di chi fede non ha avuto, e la saggezza del vivere dei pagani si sporge di là da sé, in cerca del sostegno di una più adeguata verità psicologica che solo la nozione cristiana del tempo e della morte e la speranza della vita eterna le può dare. In ciò è del resto l’essenza stessa, sottilmente ambigua e affascinante, dell’umanesimo di Petrarca, e il segreto del suo successo.