Un mondo liquido scorreva sotto i piedi come se la pioggia avesse dettato i tempi di qualcosa che, nel suo indistinto svolgersi, finiva per dar credito al perpetuarsi di un mistero. Quanto tempo era passato da quando aveva lasciato il paese, quanti anni erano trascorsi da quando si era lasciato alle spalle il solitario insediamento fra le saline che nel ricordo riaffiorava come un sogno al centro di un’isola? Giuliano era tornato per ripercorrere le strade del proprio esistere per rivedere zone dalle quali, in lontananza, avvertiva un disegno indefinito, umido e opalescente, un insieme dove la seduzione del silenzio lo portava ad astratte combinazioni da associare al presente. “L’Isola del Sale” narra la storia di un personaggio che soppesando il valore delle cose lasciate cerca la misura della vita fra distanza e presenza. Gli altri racconti sono “Il principe dell’Altopiano”, “Il figlio della Lupa”, “River Café” e “Il Ritratto”. Nelle varie stesure le azioni dei soggetti suggeriscono e al tempo stesso vanificano presenze reali, situazioni più immaginate che vissute come fanno pensare gli abitanti di un favoloso altopiano africano retto da un bizzarro principe bianco. C’è poi la storia del bambino che non dorme tutta la notte perché preso dall’ansia di vedere la divisa da figlio della lupa smessa dal cugino; quindi c’è il resoconto di un viaggio a New York con sosta al mitico River Café ai tempi in cui esistevano ancora le Torri Gemelle le cui luci, riflesse sull’Hudson, apparivano all’autore piercing applicati alle palpebre della notte. Infine la storia di Aika, la giovanetta ripresa da Picasso e da Alberto Giacometti in una Parigi attraversata dalle canzoni di Juliette Greco e dalle problematiche dell’esistenzialismo.