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Il libro rivisita, in maniera critica, le vicende storiche e di costume che hanno condotto alcuni studiosi e scrittori ad affermare l’esistenza in Sardegna, fino a poco tempo fa, di un “rito della buona morte”. L’autore, attraverso argomentazioni storiche e linguistiche, a tratti con toni sarcastici, dimostra l’infondatezza di queste congetture non sorrette da fonti documentali certe. ACABADORA: voce di derivazione catalana, dal verbo acabar ‘concludere’. Il suo ingresso nella lingua sarda è necessariamente successivo alle relazioni commerciali e belliche tra Sardegna e Catalogna avviate nel…mehr

Produktbeschreibung
Il libro rivisita, in maniera critica, le vicende storiche e di costume che hanno condotto alcuni studiosi e scrittori ad affermare l’esistenza in Sardegna, fino a poco tempo fa, di un “rito della buona morte”. L’autore, attraverso argomentazioni storiche e linguistiche, a tratti con toni sarcastici, dimostra l’infondatezza di queste congetture non sorrette da fonti documentali certe.
ACABADORA: voce di derivazione catalana, dal verbo acabar ‘concludere’. Il suo ingresso nella lingua sarda è necessariamente successivo alle relazioni commerciali e belliche tra Sardegna e Catalogna avviate nel XII secolo. Usato come sostantivo femminile, 'acabadora' sostituisce la parola tabù “morte”. "Su corfu de s’acabadora", alla lettera ‘il colpo della concludente’, sta per “l’ora della morte”, cioè per “s’acabu de s’ora”, costantemente richiamato nella preghiera dell’Ave Maria: «ora e nell’ora della nostra morte». Ci sono infatti molti indizi che fanno ritenere che “s’Acabadora” fosse la Madonna stessa: «Sa Madonna acabat s’ora», cioè l’Addolorata.
"Sa fèmmina acabadora" andrebbe quindi interpretata alla lettera: pia donna chiamata nella casa del morto per organizzare la fase preparatoria alla sepoltura.