Sulla scorta dei Comentarios Reales di Garcilao de la Vega, l'opera storico-etnografica pubblicata a Lisbona nel 1609 che fece conoscere in Europa la storia, i costumi e le tradizioni dell'antico Perù, l'erudito e libero muratore veneziano Francesco Algarotti, genio polisemico e cosmopolita, invita a studiare, oltre alla storia greca e romana, quella di altre nazioni e civiltà da cui è possibile trarre insegnamenti morali e civili, e fra queste in primis quella Incaica. Ma i suoi tempi tale civiltà non esisteva più, era stata completamente distrutta e assimilata dai conquistadores spagnoli. Era ormai una curiosità per eruditi, un fantasma, uno spettro che aleggiava tra mute imponenti rovine e i discendenti, ormai decimati, dominati, sottomessi e cristianizzati, di un popolo un tempo fiero e dominatore. Pur non essendosi mai recato nelle Americhe, il Veneziano di tutto questo è consapevole, ma egli non rinuncia a utilizzare tale civiltà in chiave morale e filosofica, facendone un modello ideale di virtù, di integrità e di purezza di fronte al deterioramento della civiltà europea a lui contemporanea. Con saggio introduttivo di Nicola Bizzi.
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