È con molto piacere che scrivo queste brevi note di presentazione del volume di Costanza Cucchi. La studiosa ha individuato la Glottodidattica come disciplina di elezione sin dagli anni precedenti alla laurea, che ha conseguito discutendo una tesi su C. Curran e la Glottodidattica umanistica. A tale lavoro hanno fatto seguito interventi su riviste qualificate ("L'analisi linguistica e letteraria", "Scuola e Lingue Moderne", “Rassegna Italiana di Linguistica Applicata”) in cui ha ulteriormente sviluppato gli esiti della sua attenzione verso gli approcci umanistici alla didattica delle lingue moderne. Sappiamo tuttavia che la Glottodidattica non è (soltanto) una “scienza per sapere” ma soprattutto una “scienza per fare” — sono illuminanti a questo proposito gli scritti di Giovanni Freddi in materia. E sappiamo anche che c’è il problema di quello che in un importante saggio un’altra pioniera della Glottodidattica italiana, Wanda D’Addio, chiama “l’anello mancante”: e cioè il problema di rendere noti al più ampio numero di insegnanti i risultati delle riflessioni e delle sperimentazioni in materia. È lecito sperare che le Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario e, in prospettiva, le lauree di base e quelle specialistiche per la formazione degli insegnanti della scuola primaria e secondaria, risolvano alla radice questo male endemico della scuola italiana. Questo volume verte sugli esiti di una ricerca sul campo riguardante gli scambi scolastici, uno degli strumenti potenzialmente più efficaci per lo sviluppo delle competenze non solo linguistiche, ma anche e soprattutto interculturali; e tuttavia uno strumento poco o nulla studiato, mal documentato (è incredibile la quantità di materiali interessanti che le scuole gettano nei rifiuti invece di conservare, catalogare e sfruttare per ulteriori esperienze) e spesso frainteso. La ricerca, molto puntualmente, esamina sia la legislazione scolastica in materia — una normativa che ha registrato interessanti evoluzioni nel giro di pochi anni — sia, e principalmente, una serie di casi specifici di esperienze. I casi sono delimitati nel tempo e nello spazio ma l’esame critico che ne viene proposto fa sì che da essi si possano trarre indicazioni operative illuminanti: non perché siano esemplari (anzi: alcune scelte sono emblematiche di come non condurre gli scambi scolastici, quantomeno in certe fasi della loro organizzazione e realizzazione) ma perché costituiscono uno spaccato della nostra scuola con le sue luci e le sue ombre, con i suoi limiti — dei quali il più evidente è la burocratizzazione — ma anche con i suoi slanci che emergono là dove esiste un’autentica passione per l’educare. È in questa prospettiva che affidiamo il volume all’attenzione di coloro che operano nella scuola e, ancor più, di coloro che si stanno formando per una professione docente che deve affrontare sfide sempre nuove in una società sempre più complessa. Gianfranco Porcelli