Narra il Popol Vuh, poema di creazione dei Maya-Quiché, che gli dèi, spaventati dall’ampia capacità di comprensione e di ingegno degli esseri umani, “velarono” i loro occhi con una nebbia. Prima di quel momento i primordiali avevano consapevolezza di tutto, erano illuminati e possedevano la scienza infusa.
Avendo perso lo stato di grazia i saggi elaborarono un ilbal, uno “strumento per vedere”. Quello strumento erano i calendari sacri, su cui si basano la Cosmovisione e lo Sciamanesimo Maya. Questo libro vuole essere uno spiraglio sulla realtà “spirituale” (loro direbbero naturale) dei popoli indigeni del Guatemala.
Attraverso le pratiche che abbiamo ereditato dagli antenati possiamo rispondere alla grande chiamata di questo tempo, creando integrazione dentro noi stessi, sanando le nostre comunità, ricamando nuovamente la relazione con la natura Madre-Padre da cui tutti proveniamo.
Avendo perso lo stato di grazia i saggi elaborarono un ilbal, uno “strumento per vedere”. Quello strumento erano i calendari sacri, su cui si basano la Cosmovisione e lo Sciamanesimo Maya. Questo libro vuole essere uno spiraglio sulla realtà “spirituale” (loro direbbero naturale) dei popoli indigeni del Guatemala.
Attraverso le pratiche che abbiamo ereditato dagli antenati possiamo rispondere alla grande chiamata di questo tempo, creando integrazione dentro noi stessi, sanando le nostre comunità, ricamando nuovamente la relazione con la natura Madre-Padre da cui tutti proveniamo.