È il mese di dicembre del 2019 e il Coronavirus fa la sua prima comparsa a Wuhan, capoluogo della provincia cinese di Hubei, la metropoli più popolata della parte orientale della nazione, con undici milioni di abitanti. Da lì a poche settimane il virus si sarebbe trasformato in un'epidemia che avrebbe invaso tutto il mondo. Lunedì 9 marzo, intorno alle ventidue, il premier Conte annuncia in televisione di aver esteso a tutto il paese il lockdown: di fatto la regola è contenuta nell'hashtag #iorestoacasa, si può uscire solo per comprovate ragioni di necessità come per fare la spesa, per esigenze lavorative, per l'acquisto di farmaci o per motivi di salute. Da quel momento le categorie fondamentali della nostra esistenza si sono diametralmente invertite. Lo spazio si è ristretto nell'angusto limite delle nostre case e il tempo si è dilatato, immoto e sospeso. In questa sorta di unicum espanso, ognuno di noi ha cercato una propria dimensione esistenziale che lenisse la distanza dagli affetti e custodisse la certezza di una speranza. Una telefonata, una chiacchierata via Skype, il recupero di una gonna a fiori, la ribellione insita in un gesto apparentemente semplice quale cogliere un fiore. Marisa Cecchetti in questa breve silloge, ineccepibile per stile ed eleganza, testimonia la forza e la determinazione di chi durante il lockdown ha guardato sempre avanti.
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