I lavori dell’Innovation Lab ‘Self Caring and Philanthropy’ prendono idealmente il seguito di quelli della Commissione sul Passaggio Generazionale nel 2008 con la pubblicazione del libro Il passaggio generazionale tra desiderio e responsabilità. Gli strumenti e le implicazioni psicologiche. In quella sede erano state analizzate le criticità e gli strumenti utilizzabili per un’efficace gestione del trasferimento ai propri discendenti dell’azienda e/o del Patrimonio di Famiglia. Una volta conclusa tale analisi ci era sorta quasi spontanea un’altra domanda: e se non ci fossero discendenti a cui trasferire il Patrimonio? Proprio le riflessioni scaturite da tale quesito sono all’origine del presente lavoro che si sono ben presto articolate in due preposizioni: 1. Se non ci sono familiari a cui si può/vuole trasferire il Patrimonio per definizione si è soli, e quindi senza alcun parente su cui contare per essere assistiti nel caso di perdita di autonomia fisica o mentale. Che soluzioni possono essere individuate per gestire questo problema (da qui il filone di studi sul Self Caring); 2. Quale sarà la destinazione finale di questo Patrimonio? Ricordiamo che stiamo parlando di soggetti che non hanno familiari a cui possono o vogliono trasferire il Patrimonio, ai quali, da un lato non siano applicabili gli artt. 536 e seguenti c.c. (Legittimari), e dall’altro, che non si ritengano soddisfatti delle disposizioni in materia di successione ‘legittima’ previste dagli art 565 e seguenti c.c. Nel caso il destinatario del patrimonio mortis causa sia una persona fisica o giuridica beneficiata per propri motivi dal de cuius, nulla questio. Nel caso, invece, si volesse destinare il Patrimonio a fini caritatevoli ecco appunto materializzarsi il filone di Studi sulla filantropia. Tratto dal capitolo introduttivo