Da Fuga (2006) a Il club (2015), da Neruda (2016) a Jackie (2017), passando per Tony Manero (2008), Post mortem (2010) e NO. I giorni dell’arcobaleno (2012), il cinema di Pablo Larraín si sviluppa a partire dalle vicende storiche e politiche che hanno sconvolto il Cile nel corso del Novecento per spingersi altrove, fino al cuore degli Stati Uniti d’America. Che si racconti il golpe del 1973 o il Plebiscito del 1988, che si tratti di mettere in immagine la fuga di Pablo Neruda o le ore più drammatiche della vita di Jacqueline Kennedy, Larraín cerca prospettive inedite, punti di vista stranianti. È attratto dal potenziale trasfigurante della “fiction” piuttosto che dal “documentario”. È orientato al superamento di questa stessa opposizione verso una concezione ibrida e intermediale del racconto cinematografico.
Questo libro fa i conti con il carattere peculiare della filmografia di Larraín: non tanto un cinema storico quanto una riflessione teorica sul potere. Se solo in pochi lo esercitano, tutti si trovano presi nella sua trama.
Questo libro fa i conti con il carattere peculiare della filmografia di Larraín: non tanto un cinema storico quanto una riflessione teorica sul potere. Se solo in pochi lo esercitano, tutti si trovano presi nella sua trama.