In Senso, scritto in forma di diario e come una sorta di sottile operazione di autocoscienza, l'affascinante contessa veneziana Livia ripercorre la sua tormentata storia d'amore con il giovane e bellissimo tenente austriaco Remigio Ruz. Siamo nel 1866, all'epoca dunque della terza guerra d'indipendenza. Il nemico è quello di sempre: l'Austria. Lo Stato italiano spera, alleandosi con la Prussia di Bismarck di completare l'unità d'Italia. Le sconfitte per terra (Custoza) e per mare (Lissa) non ci impediscono di annettere il Veneto (per il Trentino occorrerà attendere fino alla prima guerra mondiale). In questo clima risorgimentale si sviluppa un dramma fatto di lussuria, codardia, vendetta e infine morte. Nel 1954 Luchino Visconti ne ha tratto, avvalendosi per l'adattamento di scrittori del calibro di Giorgio Bassani e Tennessee Williams, un film considerato uno dei suoi capolavori. Se dal punto di vista narrativo le due opere non sono speculari, lo sono invece senza dubbio da quello cromatico e visivo. Visconti riesce, infatti, in modo esemplare a rendere sullo schermo lo stile pittorico di Boito. Camillo Boito nasce a Roma il 30 ottobre 1836. Oltre che per l'attività di architetto è noto anche per la sua produzione letteraria. Se Storielle vane (1876), la raccolta con la quale debutta, è vicina per stile alla Scapigliatura milanese, al contrario ne Il maestro di setticlavio, insieme di racconti pubblicati nel 1891, si avvicina ai temi gotici e fantastici propri della letteratura anglosassone. Muore a Milano il 28 giugno 1914.
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