Giacomo Leopardi si era espresso con molta acredine contro il cervello della donna. Tutti rammentano la sua famosa invettiva contro la lusingatrice e volubile Aspasia: A quell’eccelsa imago Sorge di rado il femminile ingegno; ciò che inspira ai generosi amanti a sua stessa beltà, donna non pensa, è comprender potrìa. Non cape in quelle Aguste fronti egual concetto. . . . . . . . . . . . . . Chè se più molli più tenui le membra, essa la mente en capace e men forte anco riceve. a il grande poeta Recanatese non era in questa faccenda un giudice sereno ed imparziale; troppe donne gli avevano opposto il più scortese diniego, ed è assai probabile, quasi certo (così io penso), che egli non abbia mai gustato con donna l’estasi d’amore. Proprio infelice! E la Aspasia, di cui egli scherniva la «fronte angusta», ossia il piccolo cervello, era pur la medesima che gli aveva offerto «l’angelica forma», e gli era apparsa «circonfusa di arcana voluttà», e gli aveva, civettando, mostrato il «niveo collo» e «la man leggiadrissima» e «il seno ascoso e desiato». Ce n’era abbastanza per esasperare un amante, sia pur «generoso» nell’attribuire all’amata anche il pregio della intelligenza, ma ostinatamente respinto. erciò Leopardi non ha voce in capitolo: era il dispetto che lo faceva poetare a quel modo così atrocemente antifemminista.