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È indubbio che la crisi di questi mesi abbia messo in evidenza sia gli aspetti positivi che negativi che discendono dalla applicazione forzata del lavoro agile. Se è vero infatti che gli operatori sia pubblici che privati si siano impegnati, spesso senza strumenti adeguati, nel dare risposte spontanee ed estemporanee a un fenomeno eccezionale e imprevisto, di notevole impatto sugli assetti sociali ed economici nazionali e internazionali, appare evidente che è mancata una reale capacità di governo e di programmazione del fenomeno. Orbene, se dunque si vuole che la crisi rappresenti un’occasione…mehr

Produktbeschreibung
È indubbio che la crisi di questi mesi abbia messo in evidenza sia gli aspetti positivi che negativi che discendono dalla applicazione forzata del lavoro agile. Se è vero infatti che gli operatori sia pubblici che privati si siano impegnati, spesso senza strumenti adeguati, nel dare risposte spontanee ed estemporanee a un fenomeno eccezionale e imprevisto, di notevole impatto sugli assetti sociali ed economici nazionali e internazionali, appare evidente che è mancata una reale capacità di governo e di programmazione del fenomeno. Orbene, se dunque si vuole che la crisi rappresenti un’occasione di crescita e sviluppo del nostro paese e che non si traduca invece in un default dell’intero sistema produttivo e sociale, occorre estrapolare gli aspetti positivi di questa esperienza, iniziando a predisporre una attenta e nuova regolamentazione del fenomeno dello smart working, in primo luogo trasformandolo in uno strumento giuridico degno di questo paese e finalizzato a costituire al contempo un volano economico sociale e culturale dell’Italia. Per fare ciò occorre che il tavolo delle regole sia costituito dai soggetti sindacali, dunque affidato alla definizione di norme pattizie e solo in via subordinata allo stato, cui va riconosciuta la competenza a definire il quadro generale applicabile a tale istituto, a oggi non sufficiente a contenere tutte le problematiche che l’emergenza epidemiologica ha messo a nudo. È indubbio che tale regolamentazione, sia per il pubblico che per il privato, va affrontata con celerità, senza attendere le scadenze naturali della contrattazione collettiva nazionale, diversamente pregiudicando le aspettative che provengono dal mondo del lavoro messo a dura prova dalla crisi. Per esempio si potrebbe intervenire attraverso la contrattazione integrativa, regolando gli aspetti innovativi e problematici, che discendono da tale fenomeno. Certamente appare opportuna una modifica del tradizionale assetto giuridico ed economico della prestazione di lavoro, che ruota intorno al binomio retribuzione fissa e variabile, rivedendone la struttura, al fine di attribuire una giusta considerazione più che alle ore lavorate, al contributo del lavoratore nel raggiungimento degli obiettivi, che meglio esprimono e valorizzano la qualità del lavoro. Occorre fare uno sforzo culturale adottando una concezione innovativa del lavoro che si distacchi dalla visione tradizionale, che vede il rapporto di lavoro imperniato soprattutto sul binomio presenza fisica-orario di lavoro, e sposando invece la tesi del ruolo del lavoratore quale soggetto che partecipa a un progetto, la cui valutazione è basata sul conseguimento di un obiettivo individuale e collettivo, misurabile ai fini di incentivarne la retribuzione. Necessario dunque rivedere anche tutti gli istituti giuridici tradizionali, che allo stato attuale appaiono non applicabili allo smart working.