Io mi rammento di un assai vecchio e assai malinconico libro di Carlo Dickens, intitolato I tempi difficili. Emana dalle pagine di questo romanzo dimenticato una di quelle acute e irrimediabili tristezze a cui neppure la indulgente e assolvente filosofia dell'autore osa trovare, infine, consolazione: onde colui che legge, piega il capo sull'ultimo foglio e sente salire, dal fondo della sua anima, tutto quanto v'è di segretamente doloroso. Questo romanzo narra, principalmente, la storia di un padre che ha due figliuoli, un maschio e una femmina, che egli ama molto, ma a cui, per un suo assoluto criterio matematico, egli impartisce una educazione, diretta solo a sviluppare le loro qualità positive, mentre tutte le facoltà fantastiche e poetiche sono, da questo padre, distrutte nello spirito dei suoi figliuoli. Egli è il nemico dell'immaginazione: la ritiene come una facoltà sconveniente e quasi simile alla follia. Dice, questo Tommaso Gradgrind, tali parole nella prima pagina dei Tempi difficili: —