Questa raccolta assomiglia a un diario spirituale in cui Paola, come un'amica, ti prende per mano e ti fa accomodare nella stanza più intima, quella del cuore. Il cuore diventa un luogo da ascoltare e abitare, di cui avere cura. Le sue sono parole mature, feconde; sono semi che per nascere devono saper morire nel buio e nel silenzio, liberi da ciò che non permette loro di crescere, di trovare la luce e germogliare. I suoi versi danno voce alla ferita: "quel nemico freddo che mi parla, / che mi giudica e mi abita dentro."; "Ho tastato e visto senza filtri / le bruciature sulla mia pelle sottile, / c'ho rovesciato sopra il sale"; "La paura ci blocca il cuore, i pensieri / e pure le azioni". Le parole si fanno specchio per chi legge, permettendo a ciascuno di vedere e ascoltare il proprio dolore, per poi poterlo attraversare ed integrare. Questo grido si trasformerà presto in un canto di gratitudine e di gioia, consentirà agli "steli inquieti" di rinascere: "Incendiatevi di gioia, / non rassegnatevi all'inverno." Diventerà la musica che vibrerà dentro ogni cuore nei momenti più difficili, quando la strada diventa ripida, lunga, faticosa. Potrebbe accadere di perdersi lungo il sentiero che porta alla profonda conoscenza di se stessi, ma sarà quella melodia a far ritrovare la strada, la melodia della ferita curata che conduce al centro delle proprie radici: "Ho cercato e poi estirpato / con tutta la forza che avevo / e le mani tremanti / le radici della mia sofferenza."; "Sono in quel grido affamato d'amore / con cui mio padre e mia madre / mi hanno chiamato." È qui che ci porta la poesia di Paola, al centro delle nostre radici, della nostra essenza originale e alla responsabilità di non farle soffocare "dai rami secchi che non puoi più / né annaffiare né potare".