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A venti anni esatti dalla riforma del Titolo V della Costituzione, il bilancio del decentramento legislativo in materia di pubblico impiego è quello di un esperimento mal riuscito: legislazione regionale di cattiva qualità, contenzioso costituzionale ingovernabile, tendenze accentratrici della legge statale, tentativi abortiti di restaurazione dell’antico regime sono le poste, tutte passive, di quel bilancio. La causa di fondo? Un difetto comune del regionalismo italiano, qui più accentuato che in altri settori: l’avere promosso un disegno di differenziazione normativa senza significative…mehr

Produktbeschreibung
A venti anni esatti dalla riforma del Titolo V della Costituzione, il bilancio del decentramento legislativo in materia di pubblico impiego è quello di un esperimento mal riuscito: legislazione regionale di cattiva qualità, contenzioso costituzionale ingovernabile, tendenze accentratrici della legge statale, tentativi abortiti di restaurazione dell’antico regime sono le poste, tutte passive, di quel bilancio. La causa di fondo? Un difetto comune del regionalismo italiano, qui più accentuato che in altri settori: l’avere promosso un disegno di differenziazione normativa senza significative differenze degli interessi da regolare. Porre rimedio alla precarietà delle fondamenta affinché sia preservata la stabilità dell’edificio: questo è oggi l’officio più urgente. Adempierlo significa sforzarsi di ridisegnare il sistema delle fonti di disciplina del pubblico impiego regionale a partire da una rigorosa determinazione del perimetro della potestà legislativa delle regioni. È quanto si propone di fare il libro, che si offre come strumento di comprensione dello stato attuale della disciplina e di riflessione sui suoi possibili assetti futuri.