La mia prima storia di una squadra di calcio non si riferiva alla mia squadra del cuore, ma alla Juventus il cui valore non può essere disconosciuto da qualsiasi sportivo. Più volte mi sono chiesto perché non avessi deciso di scrivere la STORIA DEL GENOA come mio primo lavoro. Alla fine ho capito perché: il compito era troppo alto e difficile per un tifoso come me. Avevo bisogno di pensarci a lungo prima di scrivere qualcosa. La mia emozione pensando alla storia di questa squadra, alle gioie provate e alle sofferenze patite per essa, mi impediva di scriverla lucidamente. Adesso ci ho provato, continuando però a non essere del tutto lucido. Ne è uscito un lavoro sicuramente incompleto e a tratti convulso, non essendo stato possibile liberarmi dalle emozioni. Talvolta, in questa mia storia, i fatti si accavallano, senza data, senza tempo, proprio come l’amore che si prova per questo mito del calcio che si chiama GENOA, un mito che nulla può annientare e che spero di aver onorato trasferendo in versi le mie emozioni insieme alla ricostruzione di episodi storici. In questa ricostruzione ho certamente dimenticato molti personaggi e molti fatti che per altri tifosi saranno più importanti di quelli da me descritti, ma, ripeto, questo mio lavoro riflette in gran parte ciò che ho provato personalmente dal 1946 ad oggi, cioè da quando iniziai a seguire il calcio abbonandomi alla gradinata nord del Genoa, ai tempi di Genta, Beccattini e Sardelli e di quando era allenatore Allasio, dei quali non ho parlato nella storia perché l’emozione sarebbe stata troppa.