La storia ripercorre alcune vicende (la grottesca “rivoluzione” capeggiata dal parroco del paesino, per impedire la dislocazione di inceneritori di rifiuti a Pianto Grosso). Ma questi fatti rappresentano solo un pretesto per tracciare un quadro non certo idilliaco della vita di periferia, dove i problemi sono legati da una parte alla diffusione della droga e ad effimeri, bizzarri amori e, dall’altra, a una povertà ideale, che diventa disimpegno, cinismo e opportunismo, contro cui il protagonista sarà destinato a combattere inutilmente. Prignano si cala appieno in questo ambiente, sfruttando con buona vena e forte personalità una trama veloce ed utilizzando lo strumento ricco di carica narrativa del dialogo, che a tratti diviene dialogo interiore del protagonista. Il romanzo non si piange mai addosso: il suo eroe è un uomo positivo, perdente ma mai rassegnato. Sa soffrire con grande dignità anche quando, per esempio, capisce che il figlio si droga. E corre, corre sempre, appena scorge un minimo spiraglio di salvezza.