La parola che vivifica e sublima può anche irreparabilmente offendere. Di fronte a certe offese non c’è scampo, come ben sanno i farisei che accusarono Gesù di possessione per aver agito superando le leggi di natura. L’autore del De spiritu blasphemie risponde così alle richieste incalzanti di un allievo curioso di approfondire l’imperdonabilità dell’accusa rivolta contro lo Spirito. Quale ragione per la gravità di una simile colpa? Qui si mischiano antiche questioni, come la prescienza, la potenza divina e la predeterminazione. Senza incontrare una via risolutiva per il problema proposto, ne scaturiscono riflessioni disorientanti e di acutezza tagliente, capaci di evidenziare una lettura moderata di sicura provenienza agostiniana.
Con un racconto inedito di Ivano Porpora
Con un racconto inedito di Ivano Porpora