Riprende, con questo testo, la pubblicazione dei Quaderni di Psicologia dell’Emergenza. Si tratta di un progetto scientifico e culturale promosso dall’Unità di Ricerca in Psicologia dell’Emergenza1, una struttura universitaria impegnata da anni nella formazione, nella ricerca scientifica e anche nella realizzazione di progetti operativi sul campo e attualmente parte del network ESPRI’ (Emergenze Psicologiche e Sociali: Ricerca e Intervento)2.
Obiettivo della collana è quello di mettere a disposizione concetti, conoscenze e metodologie efficaci per i professionisti, per gli studenti in formazione, per la comunità scientifica e più in generale per tutti coloro che sono impegnati in quelle operazioni di prevenzione, soccorso e ricostruzione che sono legate ad incidenti singoli, disastri complessi e catastrofi (Sbattella 2009).
Si tratta dunque di un servizio culturale e scientifico, radicato nel mondo delle idee, ma nello stesso tempo fortemente orientato al lavoro operativo e professionale sul campo. Senza opportune mappe concettuali, il “fare” che caratterizza ogni emergenza rischia, infatti, di trasformarsi in un insieme di acting out ciechi e pericolosi. Senza la possibilità di riflettere, rileggere, ripensare e discutere le esperienze vissute, inoltre, ogni sfida sul campo rimane un’occasione perduta, rispetto alla possibilità di capire qualcosa di più relativamente alla natura dell’Uomo, ai suoi limiti e alle sue potenzialità in contesti estremi. Teoria e pratica dunque, sono intese, in questa prospettiva, come componenti inscindibili dello stesso percorso. Fermarsi dunque per esaminare pericoli, valutare rischi, ascoltare aspettative, ansie e immaginazioni significa “fare” psicologia dell’emergenza in termini di prevenzione, cioè incidere sulla realtà, affinché le emergenze non accadano, oppure affinché i loro danni siano mitigati. Offrire poi strumenti teorici e metodologici per riflettere e comunicare emozioni o complessità, serve a facilitare la formazione umana e professionale, al fine di essere efficaci durante i momenti più caldi delle emergenze sul campo. Infine, offrire parole e gesti adeguati per nominare l’indicibile, condividere le esperienze, rielaborare le memorie traumatiche e aprire speranza al futuro è da noi ritenuto un lavoro essenziale e qualificante per ogni operatore del post emergenza. Prevenire, soccorrere e ricostruire: queste sono in sintesi le tre grandi finalità del lavoro in emergenza. Esse coinvolgono anche la psicologia, sia dal punto di vista teorico che operativo.
Obiettivo della collana è quello di mettere a disposizione concetti, conoscenze e metodologie efficaci per i professionisti, per gli studenti in formazione, per la comunità scientifica e più in generale per tutti coloro che sono impegnati in quelle operazioni di prevenzione, soccorso e ricostruzione che sono legate ad incidenti singoli, disastri complessi e catastrofi (Sbattella 2009).
Si tratta dunque di un servizio culturale e scientifico, radicato nel mondo delle idee, ma nello stesso tempo fortemente orientato al lavoro operativo e professionale sul campo. Senza opportune mappe concettuali, il “fare” che caratterizza ogni emergenza rischia, infatti, di trasformarsi in un insieme di acting out ciechi e pericolosi. Senza la possibilità di riflettere, rileggere, ripensare e discutere le esperienze vissute, inoltre, ogni sfida sul campo rimane un’occasione perduta, rispetto alla possibilità di capire qualcosa di più relativamente alla natura dell’Uomo, ai suoi limiti e alle sue potenzialità in contesti estremi. Teoria e pratica dunque, sono intese, in questa prospettiva, come componenti inscindibili dello stesso percorso. Fermarsi dunque per esaminare pericoli, valutare rischi, ascoltare aspettative, ansie e immaginazioni significa “fare” psicologia dell’emergenza in termini di prevenzione, cioè incidere sulla realtà, affinché le emergenze non accadano, oppure affinché i loro danni siano mitigati. Offrire poi strumenti teorici e metodologici per riflettere e comunicare emozioni o complessità, serve a facilitare la formazione umana e professionale, al fine di essere efficaci durante i momenti più caldi delle emergenze sul campo. Infine, offrire parole e gesti adeguati per nominare l’indicibile, condividere le esperienze, rielaborare le memorie traumatiche e aprire speranza al futuro è da noi ritenuto un lavoro essenziale e qualificante per ogni operatore del post emergenza. Prevenire, soccorrere e ricostruire: queste sono in sintesi le tre grandi finalità del lavoro in emergenza. Esse coinvolgono anche la psicologia, sia dal punto di vista teorico che operativo.