Nella scienza della traduzione è avvenuta una rivoluzione silenziosa. Che è anche un modo gentile per dire che la maggior parte degli occupantisi di traduzione sono un po' sordi. Ed ecco che non è più così gentile, ma pazienza. La rivoluzione silenziosa consiste nel capire le parole di Jakobson (1959) non come riferimento dogmatico e ottuso a tre tipi diversi di traduzione, ma nel capire che si riferiscono tutti e tre alla traduzione volgarmente chiamata «interlinguistica»: ossia, l'applicazione della semiotica alla traduzione non significa che il traduttore improvvisamente si occupa di cinema e pittura, ma che la traduzione in senso ristretto è nel contempo interlinguistica, intersemiotica, intralinguistica. Questo fatto appare molto più evidente se si è studiato Vygotskij e il discorso interno in quarta ginnasio, e se si è studiata l'autocomunicazione di Lotman al secondo anno di università. Tutte cose che qui da noi non solo non si fanno, ma non si contempla nemmeno la possibiliuà di fare. Applicare la semiotica allo studio della traduzione restituisce alla traduzione qualcosa che a molti appare ovvio: il contesto. Tradurre significa infischiarsene dei significati e andare a caccia di sensi, infischiarsene dei lemmi e concentrarsi sulle combinazioni di parole, abrogare la sintassi e stanare le collocazioni. I linguisti hanno guidato il corteo degli occupantisi di traduzione in un vicolo cieco, ed è mezzo secolo che marciano lì con movimenti meccanici sempre più stanchi - le batterie si stanno scaricando - gli uni addosso agli altri continuando a sbattere contro la cancellata che delimita la fine del vicolo. I semiotici hanno capito la centralità di «traduzione» ma non hanno organizzato nessun corteo. Gli italiani, intanto, hanno usato la parola «semiotica» solo per parlare per antonomasia di discipline astruse, astratte, inutili e sulla lunghezza d'onda «la cultura non dà da mangiare», cose dell'altro mondo in stile campagna paradiso della Lavazza. I saggi qui raccolti, degli autori più disparati sia per epoca sia per vocazione professionale, sono stati tradotti dagli allievi del Master Traduction [immaginatevi una pronuncia francese] dell'ISIT-Fondazione Scuole Civiche di Milano. I loro nomi compaiono sia sul frontespizio o copertina (se il termine è appropriato per un ebook) sia alla fine di ciascun saggio.
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