“Metto passione in tutto ciò che faccio, sono io, è il mio modo di vivere, giusto? Sbagliato? Non lo so, ma è l’unico modo che ho.” Questa è Giulia, un po’ don Chisciotte in jeans, un po’ Peter Pan, 158 centimetri di concentrato di trentenne inquieta dell’hinterland milanes,e piena di voglia di mordere la vita e che ancora non ha capito cosa vorrà fare da grande, nonostante sia già madre di un bambino di otto anni, che sta allevando da sola. Dopo l’ennesima storia sbagliata, che le ha procurato infelicità, solitudine e attacchi di panico, Giulia smette di mentire a se stessa: se si sta male, non è amore, non può esserlo. L’amore fa star bene, deve farti sentire le bollicine della felicità, come se ti stappassero una lattina di Schweppes direttamente nel cervello. Un po’ svitata, “vergognosamente spontanea”, Giulia non si dà per vinta: dalla vita vuole la favola. Ci sarà pure un principe azzurro anche per lei? Intanto, si arrabatta come può, corre da un lavoro all’altro, coccola il figlio, si districa nel traffico delle ore di punta, parla per ore al cellulare, si ostina a portare tacchi da 12 centimetri anche quando è insano farlo (ad esempio, per fare sopralluoghi sui tetti, nel tentativo di vendere impianti fotovoltaici). Quando si è aperti alla vita, generosi come Giulia, l’amore arriva. Forse, non senza qualche problema, anzi. Ma arriva di sicuro. Raffaella Nassisi, con Tredici maggio, ci regala un rosa scoppiettante, moderno, punteggiato da tonnellate di SMS, ironico, scritto con un linguaggio attuale, per raccontarci una storia di oggi e, come sempre quando si parla d’amore, anche di qualsiasi epoca.