Chiusi. Questo è l’aggettivo che i trentini si sentono rivolgere più di frequente, e ne soffrono. Capita spesso di sentire un esemplare di razza tridentina confessare tristemente: «Eh sì… Noi trentini siam chiusi…», e in quella mestizia si può leggere l’incapacità di capire il vero significato dell’atteggiamento e men che meno la possibilità di immaginarne uno diverso. Allo stesso tempo, però, c’è anche una punta di orgoglio: che ci importa di essere chiusi se siam trentini? Siam taciturni? Sembriamo scontrosi? Ci chiamano «orsi»? Che importa! Il fatto è che i trentini non sono molto loquaci con gli sconosciuti. Difficilmente rivolgono la parola o il saluto per primi. Son forse maleducati o semplicemente timidi? «Gho rispet» («Ho vergogna»), diranno. Non parlano, non dan confidenza… «Talian», «forést», «da’n zo» («da giù») oltre a «teròm» sono i termini usati per definire chi non fa parte della comunità da più generazioni, chi non parla il dialetto o semplicemente chi ha abitudini diverse. Sanno di vivere in un’isola felice in cui non esistono grossi problemi (quelli veri!) e anche i rappresentanti di ultima generazione mostrano poca comprensione e ancor meno benevolenza verso le difficoltà che affliggono l’Italia in generale e alcune regioni in particolare. Per loro gli italiani sono «gli altri». Italiani, in fin dei conti, non lo son mai stati, e nemmeno austriaci: son trentini e basta.