È al mare e al mito greco che Marilena Lucente si è da tempo rivolta per esplorare un mistero ancora vasto e in larga parte sconosciuto, cioè l’identità femminile nel suo rapporto con il tempo e la storia. In queste tre brevi prose, Medea, Didone e Penelope prendono la parola per raccontare cos’è stato, per loro, il mare infinito e vicino. Medea, la prima donna ad averlo attraversato a bordo di una nave, si è fatta straniera e assassina per un uomo che solo grazie a lei ha potuto affermare sé stesso: proprio per questo, però, si vede respinta al di là del mare, scacciata da una terra dove già era straniera. A Didone, che viveva in un lutto perenne sulla riva del mare, un uomo giunto dal mare riesce a donare un nuovo presente, ma le nega il futuro promesso fuggendo sul mare. Penelope, che Ulisse aveva portato a Itaca, attende circondata dal mare: l’uomo che vaga sul mare le ha lasciato unicamente un’attesa da colmare e difendere, perché anche l’inganno viene dal mare, assieme alla speranza e alla gioia. Tre prose chiare e dense, che del mare accolgono in sé l’oscillare incessante, la luminosità che riflette i colori del cielo senza rinunciare alle proprie sfumature e la capacità di donare simboli, immagini e allusioni sempre nuove. Le donne del mito acquistano vita e prendono voce; il mare, intanto, separa e unisce, genera e uccide, inghiotte e sostiene, riconduce e disperde. Dalla superficie delle onde e delle parole, il lettore vede affiorare i volti delle donne che ha conosciuto da sempre, tutt’uno con il mistero delle profondità: simboli e presenze si identificano gli uni con gli altri. Le brevi poesie che aprono il volume e che, a sorpresa, lo chiudono, vengono a posarsi come gabbiani sulla vastità delle riflessioni che questi tre racconti hanno saputo suscitare.