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Fra tutti, signore, signorine, giovinotti e fanciulli, quella che patinava con maggior foga ed eleganza, era certo Ulrica, l’unica figlia dell’ingegnere Pardi, il proprietario della grandiosa ferriera della valle. Vestita con fine semplicità, di panno scuro, il cappelluccio sbertucciato e sguernito in testa, le mani nel minuscolo manicotto, ella scivolava con aggraziati ondeggiamenti della persona alta e sottile, sopra il ghiaccio del vasto prato, cinto ai tre lati da piante brulle ricamate di diaccioli e riparato da una barriera di legno là ove si apriva a picco sul torrente, dal greto…mehr

Produktbeschreibung
Fra tutti, signore, signorine, giovinotti e fanciulli, quella che patinava con maggior foga ed eleganza, era certo Ulrica, l’unica figlia dell’ingegnere Pardi, il proprietario della grandiosa ferriera della valle.
Vestita con fine semplicità, di panno scuro, il cappelluccio sbertucciato e sguernito in testa, le mani nel minuscolo manicotto, ella scivolava con aggraziati ondeggiamenti della persona alta e sottile, sopra il ghiaccio del vasto prato, cinto ai tre lati da piante brulle ricamate di diaccioli e riparato da una barriera di legno là ove si apriva a picco sul torrente, dal greto sassoso e dalle sponde irte di radiconi e cespugli.
Molta gente era venuta dalla città vicina per patinare in quella splendida giornata di sole. Erano venuti in bicicletta, in carrozza, in automobile e a piedi; tutta una giovinezza sana e avida di moto e di serene emozioni.
Vi erano parecchi ufficiali e molti studenti di Università. Fra questi era Mario, figlio del direttore della ferriera, amico d’infanzia d’Ulrica e ora studente in medicina e alla vigilia della laurea.
Mario era un giovane biondo, slanciato e sottile; somigliava la madre, che era inglese. Studioso, serio, di carattere mite, e nella mitezza forte, egli era assai stimato da tutti e specialmente dall’ingegnere Pardi, che gli voleva bene come a un figliolo. Egli aveva seguiti gli studi, dal Ginnasio fino all’Università, senza lasciare la famiglia, andando il mattino per tornare la sera, ogni giorno, alla vicina città.


Tratto da "Ulrica".

Anna Vertua Gentile, nata a Dongo il 30 maggio 1845, incominciò a scrivere nel 1868. Il suo primo lavoro conosciuto, firmato come Annetta Vertua, è Letture educative per fanciulle. Sposò Iginio Gentile, docente di Storia antica dell'Università di Pavia; dopo la nascita del figlio Marco Tullio, tra il 1874 e il 1893 (anno della morte del marito), scrisse una serie di racconti e opere teatrali brevi per bambini che venivano recitate nei salotti di casa o interpretate con burattini.
Divenuta scrittrice di professione dopo la morte del marito (seguita, nel 1912, da quella del figlio) ebbe una produzione feconda: fino al 1901 pubblicò oltre 150 titoli tra romanzi, soprattutto d'amore, novelle, scritti educativi e manuali di condotta quali Come devo comportarmi, L'arte di farsi amare dal marito, Per la mamma educatrice. Una delle sue opere, il Romanzo d'una signorina per bene è dedicato alla sorella Antonietta Vertua.
Morì presso l'Istituto Santa Savina a Lodi, dove si ritirò nel 1923.
Sulla facciata esterna dell'edificio, in via De Lemene, è stata affissa una targa:
«In questa casa trovò negli ultimi suoi anni asilo - conforto - pace Anna Vertua Gentile, scrittrice insigne che volle fine supremo dell'arte sua il trionfo della bontà, il trionfo della gioventù. Nata a Dongo 1846 morta a Lodi addì 23 11 1926»