Jacopo Ortis, giovane patriota costretto dopo il trattato di Campoformio all’esilio sui colli Euganei, conosce Teresa e se ne innamora, timidamente ricambiato: ma la giovane è stata promessa dal padre al ricco Odoardo, perfetto esemplare, col suo perbenismo, di una società mediocre e priva di ideali. Allo strazio per la patria perduta si aggiunge la disperazione per l’amore irrealizzabile: la vicenda di Ortis patriota corre parallelamente a quella di Ortis amante. Comincia così la fuga di Jacopo per l’Italia: a Milano (dove incontra Parini ormai vecchio e dove, lamentando le sorti della patria, esprime Alfieriani propositi di suicidio) a Ravenna, ad Arquà, a Firenze, in Santa Croce, presso le tombe dei grandi; infine a Ventimiglia, al confine con la Francia, dove si abbandona a una cupa meditazione sull’inesorabile ruinare del tempo e delle cose. Gli giunge intanto la notizia del matrimonio di Teresa, e allora, preso dalla disperazione, torna sui colli Euganei e si uccide. Rimane di lui un carteggio con l’amico Lorenzo Alderani, che quest’ultimo, nella finzione narrativa, afferma di essersi deciso a pubblicare per erigere un monumento alla virtù sconosciuta. Romanzo dalla complessa elaborazione, attraverso varie stesure (Bologna 1798, Milano 1802, Zurigo 1816 e Londra 1817) conformi allo stratificarsi di successivi stati d’animo; altrettanto complessa la genesi la quale partendo dalla matrice del romanzo epistolare settecentesco approda a un autobiografismo in cui è da rinvenirsi la vera chiave di lettura dell’opera, che non a caso Foscolo definì come il diario delle proprie angosciose passioni.