Siamo sul finire degli anni “80 e un’eterogenea squadra di personaggi si aggira tra boschi e mulattiere abruzzesi in sella a delle strane creature. Si tratta delle prime mountain bike e a costruirle è proprio uno di loro. Così ha inizio un racconto che è un insieme di racconti; una storia sulla mountain bike ma che poi diventa altro… una lunga riflessione sul tempo, sulle persone che lo attraversano, sul modo in cui lo vivono. Una storia dove non c’è nulla di inventato.La storia, è quella della fascinazione primigenia per la bicicletta, il naso di un bambino schiacciato per ore a una vetrina a sognarsi in sella ad una bici da cross Forrestal, e poi, via via, la sua tenace evoluzione con la metamorfosi delle prime, rudimentali e pionieristiche bici da montagna nelle macchine perfette di oggigiorno.Poi c’è il racconto. Una compagnia di giro di personaggi spesso imprevedibili, visionari e geniali, demiurghi capaci di dare ordine a un caos di ferraglia o a vivere esperienze indimenticabili tra boschi e montagne. Compagni di avventure incrociati per le coincidenze più imperscrutabili, persi e magari ritrovati.Il racconto, scritto in prima persona, vede il narratore sempre in cimento col suo peggior avversario, sé stesso e sempre vegliato da una musa fedelissima: la fatica. Che ha il volto polveroso di Bartali, appunto. Fatica spesso ciclopica ma che non vince la meraviglia delle tante montagne viste, vissute e raccontate: dall’Appennino al Gran Sasso, dal Monviso alle Dolomiti. Quindi, la scrittura: necessaria quanto il tempo passato in montagna, sulle pareti di roccia o nei boschi, ad arrampicare o a cercare sentieri e mulattiere sbiadititi anche sulle carte. Una narrazione che spesso prende i ritmi dilatati dei pensieri, gli scarti di improvvise ispirazioni che accompagnano le lunghe ore di pedalata e costruita con parole scelte come le cose da mettere nello zaino: serve solo ciò che serve.Come in ogni romanzo che si rispetti, non poteva mancare un’immagine femminile, quella di una compagna di vita e di avventure legata in una relazione profonda, cesellata e cementata anche dalla fatica di quelle salite che non finiscono più.Infine, ci si accorge che il materiale fornito da questa vita è più romanzesco di quanto l’immaginazione stessa possa creare.Allora, tracca tracca, una pedalata gira dopo l’altra a vagabondare su ogni possibile sterrata per vedere dove porta. E la fine del libro non si può svelare, semplicemente perché non c’è... Sembra davvero che il tempo, compiuta la sua orbita, ritorni; ma l’ennesimo sentiero fuggito avanti già ci distoglie da queste riflessioni: ancora una volta, bisognerà scoprire dove vada.