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La demenza, dunque, come qualcosa dell’umano, per il motivo che è propria solo dell’uomo la possibilità di “perdere” la ragione, che può anche significare inoltrarsi in percorsi involontari in cui la mente sembra scoprire possibilità che sfuggono alle codificazioni normali, ma che pure sono un’espressione del logos umano. L’idea umanistica era che in qualche modo ci fosse della verità nella demenza, un modo diverso, insolito, inaspettato, enigmatico di manifestare la verità, che costringe ad allargare la visione dell’umano rispetto ai suoi modelli correnti e la considerazione della mente…mehr

Produktbeschreibung
La demenza, dunque, come qualcosa dell’umano, per il motivo che è propria solo dell’uomo la possibilità di “perdere” la ragione, che può anche significare inoltrarsi in percorsi involontari in cui la mente sembra scoprire possibilità che sfuggono alle codificazioni normali, ma che pure sono un’espressione del logos umano. L’idea umanistica era che in qualche modo ci fosse della verità nella demenza, un modo diverso, insolito, inaspettato, enigmatico di manifestare la verità, che costringe ad allargare la visione dell’umano rispetto ai suoi modelli correnti e la considerazione della mente rispetto alla ragione argomentativa e calcolante. Quindi una brevissima conclusione con una rapida apertura di riflessione: che cosa ha a che fare tutto questo con l’arte? Io non ho certamente la competenza della risposta; solo mi rendo conto che anche l’arte ha a che fare con una trasgressione della normale misura della ragione, che essa è tale proprio nella misura in cui è a-normale, in cui in essa opera un eccesso, una distorsione, e una trasgressione. Se l’arte parlasse il linguaggio comune, non sarebbe più l’arte, non avrebbe nulla da dire di suo, perché non direbbe se non ciò che già si sa. Se invece essa opera connessioni strane, se fa vedere o sentire qualcosa di diverso, se apre scenari nuovi, cioè contesti di senso alternativi, allora può accadere che sia in grado di donare prospettive di senso solo sue. Per questo sul confine tra arte e follia, o sul loro intreccio in qualche misura forse indispensabile, il dibattito non è mai cessato. E di tutto questo che cosa ne viene per il mondo accademico, mondo della regolazione “scientifica” della ragione? Credo qualcosa che lo riguarda; forse l’appello a una regolazione dell’intelligenza in cui l’aldilà dell’acquisito e del codificato è indispensabile per non finire in una sorta di utilizzo, direi, burocratico della ragione; pericolo tipico delle istituzioni deputate a far funzionare la ragione.

Tratto dalla Presentazione del seminario