Luigi Russo è stato uno degli studiosi di letteratura più importanti nel panorama italiano della prima metà del Novecento. Ha vissuto con estrema intensità le grandi discussioni che hanno attraversato la comunità degli intellettuali del nostro Paese, partecipando a ruvidi scontri nelle commissioni per i premi letterari e a vere e proprie battaglie campali combattute attorno a recensioni e concorsi a cattedra. Ha avuto anche un ruolo politico tutt’altro che trascurabile, in particolare in relazione al Partito comunista e al suo quotidiano, «l’Unità», durante la direzione di Pietro Ingrao. Russo è stato, in tale ottica, un “comunista indipendente che aveva le qualità e le provenienze per assolvere alla funzione di costruire una cultura politica, “popolare” e accademica al contempo, in grado di avvicinare la militanza della sinistra italiana ad una dimensione “nazionale” del comunismo. Questo è il tratto che emerge da alcune corrispondenze in larghissima parte inedite del letterato siciliano, destinato ad apparire l’interprete in parte consapevole in parte involontario delle strategie di politica culturale del partito di Togliatti impegnato nella ricerca di una vocazione maggioritaria dove far confluire un esteso patrimonio dal liberalismo, al socialismo progressista, fino ad un pezzo del cattolicesimo.