Quando si inizia a leggere Una vita al 60% ci si ritrova subito incuriositi: chi ci sta raccontando la storia straordinaria di una famiglia e di un giovane incredibilmente carismatico? Chi è lo scrittore, di cui non sappiamo il nome, che decide di scrivere il suo romanzo familiare? Senza svelarsi subito e senza mettere a nudo la sua struttura, Una vita al 60% dà al lettore il piacere di scoprire, di riannodare i fili di una narrazione circolare e metaletteraria, in cui il racconto si innesta in un altro racconto e il piano della realtà scivola dentro quello della fantasia. La forza narrativa dell’opera di Mauro Milan è proprio questa: la capacità di farsi racconto di due storie che convergono in un’unica storia e il saper coinvolgere il lettore in maniera costante e immersiva. Chi legge non può che sentirsi un po’ Fabrizio, non può che rivivere la propria più o meno lontana giovinezza e non può che riflettere sul senso del talento e su quanto spesso sia difficile saperlo spendere al 100%. Una vita al 60% è più di un romanzo di formazione e più di un’autobiografia: è la storia universale dell’essere giovani – con tutto il suo carico di incertezze e di meraviglia – e la storia particolare di un essere speciale.