Un gruppo di gabbiani che zampettano su una distesa di sabbia dorata prospiciente un mare libero dalla presenza umana, increspato da lunghe onde spumose che sembrano fare la spola tra terra e cielo e un gabbiano che si alza in volo… così si presenta la copertina del libro intitolato “un’anima chiamata papà” di Flavia Segnan, prospettandosi come plausibile metafora della vita.Si tratta, come l’autrice stessa ce lo dice nel corpo del testo, di un ”diario delle emozioni “, dove la figura del padre dolorosamente scomparso ha un ruolo di primo piano. Una presenza, quella del padre, che nella vita di Flavia Segnan non viene mai meno ma che la guida con lo stesso amore che nutriva per lei durante la vita, anche dopo la sua dipartita. Questo sentire il padre sempre accanto a sé, è la conferma che la vita continua anche dopo la morte, seppure con modalità differenti. Così l’atavica paura di morire viene risolta. Del resto, come l’autrice stessa scrive, anche la nuova scienza si sta avvicinando ai postulati di fede, diventando l’una la conferma dell’altra: scienza e fede risultano sempre meno in antitesi. E’ la fisica quantistica a confermarci che non esiste soluzione di continuità tra vita e morte e che anzi esse sono due elementi dello stesso processo. Infatti, nel nucleo della materia la particelle subatomiche sono spesso molte cose possibili nello stesso istante e hanno il loro significato soltanto in relazione a tutto il resto e una volta che entrano in contatto, rimangono in contatto per sempre attraverso lo spazio e il tempo. L’altra problematica che emerge di prepotenza tra le vibranti righe del saggio è: il senso della vita. Ma anche questa problematica trova una risposta esaustiva nel “servizio”, indicazione che più e più volte ci viene fornita dal testo. Noi tutti siamo su questa Terra per rendere servizio agli altri. Questo farsi luce su le due problematiche essenziali del nostro vivere, si snoda sull’onda degli avvenimenti più incisivi della vita di Flavia Segnan, quelle terribili prove che, superate, l’hanno resa più forte, più centrata sul cuore, come sede delle emozioni purificate che inducono ad un salto qualitativo della vita. “La via dell’anima è la via della vera felicità” scrive l’autrice a conclusione del testo, quella via, aggiungo, che non può esimersi ma anzi deve essere tutt’uno col senso di compassione. Interessante diario di un vissuto insolito, da leggere e magari rileggere attentamente per meditare noi stessi sulla morte e sul senso della vita.Liliana Passagnoli