Uno sguardo verso il mare – che si apre con indovinato e affascinante aforisma: andare indietro e fermarsi ad ascoltare le voci del passato è come tornare bambini e ritrovare la sintonia col mondo – è dedicato a Daniela, Marco, Paolo. Questi nomi ne evocano molti altri: congiunti, amici, conoscenti, conterranei, cittadini del mondo. Ho letto tutto, anche tra le righe. Mi sono allietato e arricchito. Più volte ho dovuto contenere l’emozione. Ho assaporato i profumi del lavoro, delle feste di paese, dell’attaccamento alla terra, alle pietre, ai corsi d’acqua, alle cime delle montagne. Ho gustato le delizie dello sport e soprattutto il valore dell’amicizia, della nostalgia, del rispetto elevato a dignità di sacramento. Ho sognato orizzonti lontani ed esotici. È cresciuto in me l’apprezzamento per i drammi e i miracoli dell’emigrazione. Tutto bello allora? Rispondo con la sentenza del poeta Orazio che mi accompagna da sempre: “Ubi plura nitent in carmine, non ego paucis offendar maculis, quas aut incuria fudit, aut humana parum cavit natura. Se un carme di più fregi fulgesse, non le poche macchie mi turberiano che l’incuria o la natura umana mal sa evitare” (Orazio, Ars poëtica, Ad Pisonem, 351-352). I pregi superano di gran lunga inevitabili difetti.