Quivi si descrive del tempo in cui le mie Certezze “assolute”, custodite per anni, con cura e orgoglio, si trasformarono in Dubbi. Tutto ciò accadde a cagione del perdurare in me della Delusione e dello Stupore. Fui, quindi, pervaso da indicibile Dispiacere più greve e invasivo perché giunse inaspettato. Ad un tratto, perciò, (mio malgrado) svanivano i graditi convincimenti cui il cuore aveva fatto affidamento nel periodo dell’infanzia, dell’adolescenza e ancor più in là con l’età. Sentii, quindi, nascere in me il senso dell’Abbandono, quello indelebile già provato nell’atto del nascere come dire sì ancor pria di tal momento. Disperato com’ero, non scorgevo più un appiglio cui tendere il cuore affranto per mitigare il mio sontuoso Dolore. A questo punto, ero sì come un vaso di terracotta che traboccava di fiele. Il racconto è, quindi, un complesso di sentimenti affidati alla saggezza di un fanciullo che, sostenuto dal suo flusso di pensiero, esplorerà Dimensioni impensabili da cui assurgerà ad uno straordinario Sapere.