In una stanza del così detto palazzo Cardinal, a noi già noto, accanto a un tavolino intarsiato su gli angoli d’argento dorato ed ingombro di fogli e libri, sedeva un uomo, posatasi su le due mani la testa.
E dietro ad esso era un largo caminetto, ben acceso e rosso, dove i tizzi infiammati si consumavano sopra alari indorati. La luce di quel fuoco rischiarava a tergo il magnifico vestimento di quel cogitabondo, a cui dava lume davanti un candelabro carico di ceri.
Al mirar l’abito superbo, i merletti sfarzosi, la fronte scolorita incurvata a tanta meditazione, e la solitudine del gabinetto; all’udire il silenzio che regnava nelle anticamere, ed i passi misurati delle guardie sul pianerottolo, avresti creduto esser l’ombra di Richelieu tuttora nella sua camera.
Ahimè! di fatti, era l’ombra, e non altro, del grand’uomo. La Francia indebolita, l’autorità del re disconosciuta, i grandi infiacchitisi di bel nuovo e turbolenti, il nemico ritornato in qua dalle frontiere, tutto attestava non esser più colà Richelieu.
E dietro ad esso era un largo caminetto, ben acceso e rosso, dove i tizzi infiammati si consumavano sopra alari indorati. La luce di quel fuoco rischiarava a tergo il magnifico vestimento di quel cogitabondo, a cui dava lume davanti un candelabro carico di ceri.
Al mirar l’abito superbo, i merletti sfarzosi, la fronte scolorita incurvata a tanta meditazione, e la solitudine del gabinetto; all’udire il silenzio che regnava nelle anticamere, ed i passi misurati delle guardie sul pianerottolo, avresti creduto esser l’ombra di Richelieu tuttora nella sua camera.
Ahimè! di fatti, era l’ombra, e non altro, del grand’uomo. La Francia indebolita, l’autorità del re disconosciuta, i grandi infiacchitisi di bel nuovo e turbolenti, il nemico ritornato in qua dalle frontiere, tutto attestava non esser più colà Richelieu.