In una dimensione lontana dal vivere e dalla concretezza delle abitudini quotidiane, emerge con vitalità risoluta, nostalgica e spesso melanconica la voce del poeta, il canto dell’anima, il grido di un’esistenza ancorata alla propria salvezza, intenta a contemplare il tempo in tutti i suoi volti e ad annotare le singole sensazioni che lo scorrere delle stagioni lascia impresse, nella durata di un solo istante. Trentuno canti come i giorni di marzo, il mese di una rinascita mancata, di una primavera lontana, dell’attesa epifanica tanto cara a una poetessa sognante e contemplatrice. Liriche in cui gli attimi d’attesa risuonano nello smarrimento del pensiero, che sembra appartenere alla sostanza del vento, alla leggerezza delle alchimie dei sensi e degli inganni della vita. Un senso profondo di aderenza alla propria esistenza, alla quale non resta che aggrapparsi con energia e coraggio fino alla fine dei venti, per poi lasciarsi trasportare via, lontano, verso altri nidi e altre verità.