La figura di Omero, in quanto cantore, poeta e aedo greco dell’VIII° secolo a.C., al quale sono stati attribuiti i due fondamentali poemi della letteratura ellenica, l’ Iliade e l’ Odissea e al quale venivano ascritte nell’antichità numerose altre opere, già nell’età classica era ammantata di leggenda e al centro di continue controversie sulle vicende della sua vita o sulla sua reale identità.
Il nome Omero (Ὅμηρος, Homerus) era nell’antichità, per quanto tutt’altro che comune, ben attestato e estremamente plausibile: esso, infatti, significa letteralmente “ostaggio” (il che implica il probabile riferimento ad uno determinato status sociale del Medioevo ellenico), e non si presterebbe quindi, secondo molti storici e filologi, in alcun modo a essere ritenuto simbolico.
La tradizione più antica e le relative fonti non ci presentano alcun dubbio sulla sua reale esistenza e sul fatto che fosse uno dei poeti più apprezzati del suo tempo, il cantore ed il raccoglitore di una vasta tradizione epica a quel tempo tramandata per lo più oralmente e che affondava le proprie radici fino all’età micenea, se non addirittura alla precedente fase minoica dell’Ellade e dell’area dell’Egeo. Più difficile ci risulta semmai oggi la certezza di un’attribuzione alla sua figura e al suo nome non solo dell’ Iliade e dell’ Odissea, ma anche di tutta una serie di altri testi e componimenti che, fino alla tarda antichità, in maniera altalenante e con non poche diatribe, venivano ricondotti alla sua mano ispirata dagli Dei.
Giovanni Bonfanti, grande erudito vissuto a cavallo tra il XVII° e il XVIII° secolo, con la sua breve ma fondamentale Vita di Omero, pubblicata a Verona nel 1823, cercò in maniera esemplare di tirare le somme dell’intricata “Questione Omerica”, partendo dalla minuziosa analisi delle fonti storiche, e di restituire al Padre della letteratura ellenica un volto ed una precisa identità.
Il nome Omero (Ὅμηρος, Homerus) era nell’antichità, per quanto tutt’altro che comune, ben attestato e estremamente plausibile: esso, infatti, significa letteralmente “ostaggio” (il che implica il probabile riferimento ad uno determinato status sociale del Medioevo ellenico), e non si presterebbe quindi, secondo molti storici e filologi, in alcun modo a essere ritenuto simbolico.
La tradizione più antica e le relative fonti non ci presentano alcun dubbio sulla sua reale esistenza e sul fatto che fosse uno dei poeti più apprezzati del suo tempo, il cantore ed il raccoglitore di una vasta tradizione epica a quel tempo tramandata per lo più oralmente e che affondava le proprie radici fino all’età micenea, se non addirittura alla precedente fase minoica dell’Ellade e dell’area dell’Egeo. Più difficile ci risulta semmai oggi la certezza di un’attribuzione alla sua figura e al suo nome non solo dell’ Iliade e dell’ Odissea, ma anche di tutta una serie di altri testi e componimenti che, fino alla tarda antichità, in maniera altalenante e con non poche diatribe, venivano ricondotti alla sua mano ispirata dagli Dei.
Giovanni Bonfanti, grande erudito vissuto a cavallo tra il XVII° e il XVIII° secolo, con la sua breve ma fondamentale Vita di Omero, pubblicata a Verona nel 1823, cercò in maniera esemplare di tirare le somme dell’intricata “Questione Omerica”, partendo dalla minuziosa analisi delle fonti storiche, e di restituire al Padre della letteratura ellenica un volto ed una precisa identità.