“Vivere a mezz’aria” non è soltanto un concetto dei nostri tempi. È l’impianto su cui nascono, si moltiplicano e a volte si spengono le nuove generazioni. Simone, Luca e Teresa, ventenni, lasciano la provincia e con le loro valigie piene di sogni e speranze, arrivano nella capitale. Roma doveva essere fonte di opportunità, libertà e sentimenti da vivere allo scoperto. Luca e Simone non erano riusciti a vivere il loro amore alla luce del sole. Il contesto in cui erano nati e vissuti non glielo aveva mai permesso. Anche Teresa era alla ricerca della sua realizzazione personale e sociale. Gli anni vissuti nella metropoli avevano regalato loro emozioni, ma non era stata l’oasi paradisiaca che pensavano e speravano. Quella città aveva infranto i loro sogni e li aveva fatti costantemente vivere a mezz’aria. Una crisi a 360 gradi quella che vivono tutti i personaggi del romanzo. È crisi d’identità. Di sentimenti. Continua ricerca di punti di riferimento. La crisi li cambia, muta i rapporti tra le persone e fa crollare i sentimenti più autentici. Pochi riescono a rimanere se stessi e per essere felici la maggior parte deve accettare dei compromessi. Per non essere destinati a vivere per sempre a mezz’aria. Le vite a mezz’aria lasciano ferite latenti e alle volte uccidono. Ci stordiscono, non ci fanno dimenticare il vuoto che abbiamo davanti. Non fanno sconti a nessuno e seppelliscono le nostre anime, prima dei nostri corpi. Ci creano attese infinite e ci riempiono di gigantesche illusioni. Quando il tempo buono sarà trascorso, ci faranno guardare con gelo allo specchio mostrandoci una volta per tutte l’amara faccia della vita.
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