Il libro di Corrias è fatto di voci: la voce di Bianciardi prima di tutto, dei libri, degli articoli e delle lettere in cui con spietato sarcasmo e grande umorismo proclama il proprio orrore per la società in costruzione, il suo produttivismo e l'euforica adesione ad esso anche dei compagni di lavoro. E le voci di questa stessa società, certamente feroce e grottesca in molti suoi aspetti, ma fatta anche delle persone che a Bianciardi hanno voluto bene, come la compagna di vita Maria Jatosti e gli amici e colleghi Terrosi, Montella, Dondero, Cavallini, Ripa di Meana e Arpino, ognuno dei quali racconta com'era Bianciardi e come si viveva in quegli anni in Maremma, a Pisa, a Milano o a Bocca di Magra. Attorno a Bianciardi stanno accadendo molte cose e non tutte brutte quanto appaiono ai suoi occhi. Lo mostrano bene le molte altre voci che Corrias raccoglie, quelle dei pittori Tadini e Cingoli, dei fotografi Dondero e Mulas e poi di Riva, Dossena e Del Bo Boffino di Feltrinelli, di Giorgio Bocca, Fortini, Walter Valdi e molti altri. Attraverso queste voci, Corrias compone, sullo sfondo della storia di Bianciardi, una sorta di storia orale della vita culturale a Milano tra gli anni '50 e gli anni '70, senza dimenticarne, a dispetto forse di Luciano, i grandi e giustificati entusiasmi: la nascita della Feltrinelli come casa editrice di ricerca, di nuovi giornali come il Giorno di Enrico Mattei, il fermento della nuova pittura intorno a Brera, e la fortuna del cabaret di Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. E non mancano le voci della politica culturale "ufficiale". Paradigmatici il proclama di Togliatti e la benedizione di Bernardo Mattarella. © 2022 tracce.studio
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