A fine XIX secolo gli Stati Uniti d'America, terminata la corsa all'Ovest, conoscono un periodo di gigantesco progresso industriale, agricolo e tecnologico e il costituirsi di enormi società e fusioni di società dette "pool" e "trusts", caratteristica espressione dell' economia americana. Al contempo la rilevanza assai modesta delle esportazioni rispetto al prodotto nazionale globale, la crisi bancaria del 1893 e la grave depressione economica, affiancata dalla chiusura della frontiera, fecero emergere spinte espansionistiche che trovarono il loro paladino nel 26° presidente Theodore Roosevelt, figura complessa di politico, convinto della necessità di un tipo di politica estera interventista e aggressiva , la ben nota politica del "grosso bastone", caratterizzata da negoziati pacifici a cui era affiancata la minaccia di un ricorso all' intervento militare, e da lui applicata soprattutto nell'area Caraibica e nel Pacifico. Con T. Roosevelt , postosi egli stesso quale "policeman dell' Occidente", gli U.S.A, rinunciando all'isolazionismo tradizionale, conobbero una prima svolta imperialista, peculiare fase storica che però si interruppe con la sua non rielezione alle presidenziali del 1908 e di cui il testo vuole offrire una panoramica generale indugiando anche, oltre che sugli aspetti legati all'interesse nazionale, anche sulla volontà moralizzatrice dei suoi promotori