Marcus è un cittadino modello: ha una moglie, una figlia, una casa nel centro della città, e un lavoro di scrivania come tanti altri. La sua vita procede senza alti né bassi, e Marcus si accontenta. Ogni giorno trascorre sempre allo stesso modo, con gli stessi tempi, con la stessa voglia, in una monotonia che poco a poco, però, finisce per lacerarlo. Durante la notte, infatti, Marcus ha sempre più spesso attacchi d’ansia che lo portano a riflettere sulla sua esistenza neutra, grigia. A far pesare sempre di più questa consapevolezza e a farci correre sempre di più verso l’orlo della disperazione è un cane che, come un’ombra, segue ogni suo passo, che gli fa sentire il suo fiato sul collo e che lo rincorre come un segugio che viene dall’inferno. Lo segue e lo giudica, così come giudica, nelle sue uscite serali, gli esseri umani che popolano le strade della metropoli, perché non li capisce. È proprio il cane, con le sue parole audaci ed irriverenti, a diventare la lente d’ingrandimento di un pubblico che nella sua lucidità può rileggere le proprie debolezze. Le stesse debolezze di un protagonista che, con il suo pallone pieno di pensieri e parole, che vorticano furiosamente al suo interno, si china sempre più sotto il suo peso. Peso che prima o poi dovrà scomparire, schiacciandolo sotto di esso o liberandolo una volta per tutte da questo fardello.