Violenza, sacrificio, persecuzione sono tutti fenomeni con i quali l'uomo ha sempre interagito. Il pensatore francese René Girard offre un'interpretazione affascinante di questo rapporto formulando una teoria mimetico-vittimaria che investe tutta la sua riflessione antropologica. Partendo dal presupposto ontologico secondo il quale l'uomo, in quanto animale desiderante, desidera sempre imitando l'altro, Girard configura questo mimetismo come il volano dell'intera evoluzione umana, con i suoi pro e i suoi contro. Allora, ad un primo momento 'necessario' del sacrificio arcaico con il quale l'uomo espelle la propria violenza scaricandola su un capro espiatorio egli contrappone simmetricamente la funzionalità 'positiva' della rivelazione cristiana che destruttura tutti i meccanismi di vittimizzazione. Il risultato è un corto circuito nel campo della responsabilità. L'uomo non ha più a disposizione l'atavico strumento di mediazione nel suo rapporto con la violenza, ma nel suo agire etico può e deve superare il suo smarrimento.