Le poesie di Adele Bevacqua Cambon nascono da un profondo bisogno interiore di esprimere e testimoniare in forma poetica il suo avvicinamento, scevro da pregiudizi e con anima aperta, a zingari e detenuti. Sia gli uni che gli altri ispirano diffidenza nelle persone le quali si approcciano loro solo se costrette e quasi mai con atteggiamento propositivo. La Poetessa, invece, coniuga nel ritmo cadenzato dei versi, passione e dolore - sociale e umano - e, con dignità, con rispetto, si fa portavoce della sofferenza di un popolo che non ha mai perso il sorriso e la speranza e di una parte della società troppo spesso abbandonata a se stessa. Le sue poesie non sono semplicemente liriche, quasi immediate, effusive e ritmiche manifestazioni dei suoi stati d’animo quanto piuttosto un caleidoscopico arcobaleno di sentimenti e immagini, di sogni e di pensieri che ha la giusta pretesa e la non tenue ambizione di lasciare un’impronta di sé. Esse, infatti, per un verso lasciano trasparire il profondo e ben assimilato bagaglio o sostrato culturale di cui la Poetessa dispone e per altro verso evidenziano come la causa occasionale e il motivo ispiratore, che sono alla sorgente o alla radice dei suoi versi, vengono sempre mediati e arricchiti da sovrasensi che conferiscono loro non univoche ma variegate e inattese risonanze. Si può, nell’accezione più ampia, parlare di saggio perché sa guardare alle cose e alle azioni umane con sguardo sereno, sa penetrare all'interno degli eventi e scorgerne il filo segreto che li unisce e li disunisce, sa leggere dietro le apparenze, sa scrutare la realtà nel suo farsi e disfarsi.