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Questo lavoro vuole essere un omaggio ai miei cari, alla mia città in quanto il tema che ne è l’oggetto ha radici profonde nella storia del territorio da cui sono nato e dove vivo, nelle sue montagne, nei suoi boschi. Ignazio Silone rifletteva che “Il carattere stesso degli abruzzesi è stato forgiato da millenni di convivenza con il più primitivo e stabile degli elementi: la natura”. Mia madre Dina, deceduta nel sisma del 6 aprile 2009 a Onna (AQ), era nata a Fossa paese alla periferia dell’Aquila, posto ai piedi di Monte Circolo, una rupe verticale alla sommità della quale campeggia imperioso…mehr

Produktbeschreibung
Questo lavoro vuole essere un omaggio ai miei cari, alla mia città in quanto il tema che ne è l’oggetto ha radici profonde nella storia del territorio da cui sono nato e dove vivo, nelle sue montagne, nei suoi boschi. Ignazio Silone rifletteva che “Il carattere stesso degli abruzzesi è stato forgiato da millenni di convivenza con il più primitivo e stabile degli elementi: la natura”. Mia madre Dina, deceduta nel sisma del 6 aprile 2009 a Onna (AQ), era nata a Fossa paese alla periferia dell’Aquila, posto ai piedi di Monte Circolo, una rupe verticale alla sommità della quale campeggia imperioso il Castello di Ocre. Sul pendio che declina al lato ovest vi è un bosco. Lo storico Angelo Signorini, riferisce che una antichissima tradizione volesse quel luogo dedicato alla dea dei boschi, denominando lo stesso lucus Dianae. Mia madre, dunque , mi narrava spesso che da bambina andava (ovvero era mandata) in compagnia delle sue coetanee, in quei luoghi per raccogliere le frasche secche, cadute a causa del vento o del peso della neve, che servivano ad alimentare il focolare domestico nei rigidi inverni trascorsi all’ombra del Monte Circolo. Quando ne avevano raccolto abbastanza per fare una fascina, e dopo aver chiesto qualcosa da mangiare ai frati del vicino Convento dei Frati Minori di Sant’Angelo d’Ocre (a casa non sempre ce n’era disponibilità), prima che venisse la sera, le bambine si incamminavano una dietro l’altra, con il pesante carico sulla testa, sul sentiero che portava al paese e a casa. Strada facendo, sussurrando, per paura che qualcuno potesse origliare, si scambiavano l’un l’altra i segreti, i dolori, i sogni. Erano gli anni che precedevano la seconda guerra mondiale. Raccogliere le frasche che il bosco “espelleva” dal suo ciclo vitale, antica utilitas di approvvigionamento di legna nella misura e nella quantità consentita dal ricambio naturale, era un modo di coltivare il bosco e, nel contempo, procurarsi fonti di energia termica, in maniera assolutamente “sostenibile”.