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Civita di Bagnoregio, la “città che muore”, si erge oggi su una piastra di tufo vulcanico, circondata dalla profonda valle dei calanchi, in un’area compresa tra il lago Bolsena e il fiume Tevere.L’emozione e lo stupore causati dalla vista di questa rupe solitaria coesistono con il senso di precarietà e di pericolo dati da questo paesaggio, continuamente minacciato da una natura ostile ed incostante.L’unico accesso al centro urbano di Civita avviene tramite uno snello viadotto in cemento armato, che, seppur con una percezione visiva disturbante ed intrusiva, ha il fondamentale compito di…mehr

Produktbeschreibung
Civita di Bagnoregio, la “città che muore”, si erge oggi su una piastra di tufo vulcanico, circondata dalla profonda valle dei calanchi, in un’area compresa tra il lago Bolsena e il fiume Tevere.L’emozione e lo stupore causati dalla vista di questa rupe solitaria coesistono con il senso di precarietà e di pericolo dati da questo paesaggio, continuamente minacciato da una natura ostile ed incostante.L’unico accesso al centro urbano di Civita avviene tramite uno snello viadotto in cemento armato, che, seppur con una percezione visiva disturbante ed intrusiva, ha il fondamentale compito di connettere quest’isola solitaria con il nucleo abitativo principale di Bagnoregio. Il ponte è caratterizzato inoltre da pendenze accentuate, rappresentando una vera e propria barriera architettonica.Già nel 2008, un concorso pubblico di architettura aveva raccolto interessanti progetti di modifica, senza trovare però una soluzione definitiva.Sulla scia di queste premesse, nel settembre 2011, il corso di laurea in Ingegneria edile – Architettura dell’Università degli Studi di Brescia ha promosso una summer school nel territorio che ha poi dato origine alla tesi di ricerca dal titolo “Ripensare le connessioni urbane di Civita di Bagnoregio”, elaborata dagli ingegneri Caterina Lovo Gagliardi e Giuliana Scuderi. Lo studio ha comportato la raccolta e l’analisi di tutti i dati relativi al contesto storico, geologico, geotecnico e topologico del sito, informazioni che sono state per la prima volta integrate pienamente. Un progetto ed una ricerca multidisciplinare con l’obiettivo di trovare soluzioni sostenibili per l’accessibilità, allo stesso tempo ristabilendo la qualità ambientale di cui la valle è stata privata dalla costruzione del viadotto avvenuta nel 1965.Uno studio di fattibilità preliminare ha dimostrato l’inconvenienza della demolizione del manufatto esistente, allo stesso tempo la necessità di migliorare il profilo paesaggistico della valle si è dimostrata impellente così come quella di allontanare il pericolo di un definitivo isolamento. La tematica architettonica è stata risolta utilizzando il concetto di camouflage, proponendo una tenda in maglia metallica per rivestire il ponte esistente e allo stesso tempo racchiudere funzioni aggiuntive. La tenda altera la percezione visuale della vallata creando un paesaggio più coerente, e proponendo un forte landmark territoriale. L’operazione può essere letta come un forte richiamo alla conservazione, un’alternativa possibile alla demolizione del ponte, mantenendo l’esistente ma garantendo un nuovo positivo impatto.Il problema dell’accessibilità è stato invece affrontato tramite l’analisi dei sistemi di risalita meccanizzata, tra i quali e stato poi selezionato il coaster, un metodo innovativo e a basso impatto ambientale.