Le città, sovente, finiscono per essere identificate con alcune delle proprie componenti salienti; piazze, strade, quartieri, comparti edilizi o interi settori urbani. Nella gamma di profili dei loro abitanti spesso si distinguono coloro i quali appartengono a questi luoghi, in quanto residenti, e quelli che eleggono tali contesti a proprio patrimonio civico, a volte con un maggiore coinvolgi- mento emotivo. Anche le vedute o i panorami possono spesso attribuire ad una città un valore. Ma proprio per questo sia le variabili delle componenti salienti sia le diverse angolazioni di confronto con il territorio e il paesaggio circostante sono inequivocabilmente soggette alle oscillazioni del sentire nelle varie epoche. Non fa eccezione il caso di via della Libertà a Palermo (detta «Strada della Real Favorita» nelle fasi iniziali della sua genesi) e del suo ruolo di agente significativo nei processi di trasformazione della forma della città e del suo territorio suburbano, come pure dei modi e delle forme della cultura dell’abitare della classe egemone nella sua rinnovata qualità di vertice e, al tempo stesso, compagine “quadro” del “sogno” di Palermo come città imprenditoriale, soprattutto nel suo primo secolo di sviluppo a partire dai moti liberali del 1848. Alle varie periodizzazioni di crescita dei settori urbani ad essa attestati corrispondono altrettante variabili delle tipologie ed espressioni della produzione architettonica, sia abitativa che d’uso collettivo, realizzata nei comparti di isolati su di essa bilanciati; la convergenza di cultura del progetto e di cultura artistica (cui si deve il corredo visuale di qualità di gran parte degli interni o delle definizioni figurali delle opere architettoniche) avrebbe, poi, garantito la formazione di uno dei più qualificati contesti urbani italiani d’Età Contemporanea. Si tratta di un fenomeno che nel Giardino Inglese di Giovan Battista Filippo Basile, nel Politeama Garibaldi di Giuseppe Damiani Almeyda e nella Villa Deliella di Ernesto Basile ha i suoi punti di maggiore eccellenza, innegabilmente rivelatori di una società con una precisa consapevolezza e volontà identitaria, sia nel pubblico che nel privato. Allo stesso modo però, a partire dalla fine degli anni Cinquanta del XX secolo, il venir meno di quei valori civici che avevano sostanziato la formazione di una nuova Palermo sull’asse di via della Libertà avrebbe comportato un inesorabile, quanto imprevedibile ed insolito per la sua incidenza (persino per la realtà italiana successiva al secondo dopoguerra), processo di trasfigurazione con deplorevoli azioni di manipolazione del patrimonio architettonico e con rapace furia demolitrice. La “cancellazione” di Villa Deliella sarebbe stato il primo e più eclatante segnale, ma purtroppo non l’ultimo, del raggiungimento del punto di non ritorno nell’inarrestabile cammino verso lo snaturamento dell’identità urbana avviato dai vincenti portatori delle nuove logiche di mercificazione applicate ad alcune strategiche porzioni di qualità del patrimonio architettonico palermitano.