Stan è stato appena arrestato, e in maniera confusa inizia a prendere coscienza di quella che sarà la sua vita da quel momento in poi. Studia i suoi compagni, osserva la presa di potere delle guardie chiedendosi come poter andare avanti in maniera normale, ed entrando in un luogo nel quale ogni concetto prestabilito perde il suo valore. Resetta ciò che rimane della sua vita passata per inserirsi nel nuovo habitat, come se non potesse esistere nient’altro di diverso dal carcere. Solo una voce, saggia, prova ad indicargli come fosse un enigma, la verità che si nasconde dietro il suono cupo prodotto dall’acciaio nel momento in cui la cella si chiude per sempre alle spalle dei reietti. Nel carcere il tempo perde consistenza cambiando forma, ed il perché della detenzione diventa un dettaglio irrilevante. Si fa spazio la prigione, come una gabbia mentale in cui si perde la propria identità, ed i ruoli si amplificano nel loro senso di potere; dove la lucidità e la consapevolezza si sgretolano come un muro scosso da un terremoto.