La vita e l'azione politica di Carlos Marighella, mulatto baiano, figlio di un italiano emigrato. Militante comunista, arrestato e torturato durante lo Estado Novo di Vargas, era condannato e imprigionato. Liberato alla fine del Secondo conflitto mondiale, era eletto deputato nella Costituente del 1946. La messa fuorilegge del PCB due anni dopo, lo sprofondava nella clandestinità. Uomo "di e del" Partito nel 1953, con la destalinizzazione, subiva la prima importante "frattura" ideologica. La crescita del movimento anticoloniale, la vittoria castrista a Cuba, le guerre indocinesi, acceleravano la radicalizzazione dello scontro all'interno dell'organizzazione. La presidenza di Goulart e la sua politica riformistica gonfiavano la risposta conservatrice e reazionaria. Il 1° aprile del 1964 il golpe militare, sostenuto da settori cruciali della società civile e la copertura finanziarie e militare degli Stati Uniti d'America, prendeva il potere. Iniziavano ventuno anni di regime formalmente terminato nel 1985. Nel maggio del 1964, senza mandato di cattura, era intercettato, ferito, preso. L'insipienza imbelle del Partito spingeva verso lo strappo. Rimesso in libertà pubblicava nel 1965 un libro, "Perché ho resistito alla prigione", che segnava di fatto lo rottura definitiva. La partecipazione nel 1967 a La Habana della Prima conferenza della OLAS offriva l'occasione di espellerlo dal PCB. Nel 1968 costituiva con altri ex militanti l'la Ação Libertadora Nacional (A.L.N.). Sceglieva la via della lotta armata. Dichiarato "nemico pubblico n°1", autore del "Mini nanual do guerrilheiro urbano", cadeva in una imboscata il 4 novembre del 1969. Jorge Amado, suo compagno e amico, scriveva una toccante e vigorosa orazione funebre.