Giordano Mai, il protagonista assoluto di queste storie, è un miscredente, un misantropo, un uomo perennemente disilluso dalla vita e perduto in uno stato costante di apatia. Probabilmente non sarebbe affatto d’accordo con questa descrizione della sua complessa persona. Ma quasi certamente non sarebbe d’accordo con nessun’altra definizione con la quale si proverebbe a classificarlo, a rinchiuderlo entro determinati schemi sociali, anche se è egli stesso a suggerirci, senza troppi mezzi termini, il significato insondabile delle cose.
Lo fa ingenuamente attraverso i suoi pensieri, i postulati nazional-popolari, le frasi intense e lapidarie con le quali cerca disperatamente di mettere un ordine al caos che lo circonda e nel quale non riesce a trovare un’esatta collocazione.
Ne nasce un resoconto dettagliato delle sue vicissitudini, delle impressioni ricevute dal suo infruttuoso peregrinare, caratterizzato da un linguaggio il più delle volte scarno, essenziale, anche se, a volte, preso dagli effetti dell’alcol e dai propri ricordi, si abbandona inconsapevolmente a intensi ed eccessivi lirismi, a certi sentimentalismi fin troppo ovvi, carichi di ridondante e ispirata retorica.
Lo fa ingenuamente attraverso i suoi pensieri, i postulati nazional-popolari, le frasi intense e lapidarie con le quali cerca disperatamente di mettere un ordine al caos che lo circonda e nel quale non riesce a trovare un’esatta collocazione.
Ne nasce un resoconto dettagliato delle sue vicissitudini, delle impressioni ricevute dal suo infruttuoso peregrinare, caratterizzato da un linguaggio il più delle volte scarno, essenziale, anche se, a volte, preso dagli effetti dell’alcol e dai propri ricordi, si abbandona inconsapevolmente a intensi ed eccessivi lirismi, a certi sentimentalismi fin troppo ovvi, carichi di ridondante e ispirata retorica.